Giacomo Pisano è un volto noto nell’ambiente culturale cagliaritano. Laureato in archeologia medievale, giornalista, curatore per oltre dieci anni nei centri comunali d’Arte e Cultura di Cagliari, si occupa di musica nella sua veste di dj con il nome d’arte di “Revenant” e ha pubblicato “Il nido del Basilisco, “L’apocalisse, ora” e “L’onda nera, 40 di (contro) cultura dark”, un’introduzione al fenomeno della cultura goth, con un approccio antologico e aperto a tutti. Negli ultimi anni lavora per il servizio comunicazione della Regione Sardegna, ha fondato (con Francesca Mulas) Nemesis Magazine, è docente allo IED di fenomenologia delle arti contemporanee. Con lui abbiamo toccato diversi temi, partendo dalla sua ultima pubblicazione e approfondendo il mondo goth a Cagliari e fuori dall’isola, cercando di capire come sia cambiato e come venga attualmente percepito. Ma è stata anche l’occasione per confrontarsi su tematiche come il giornalismo e l’editoria di settore in Sardegna, oltre che all’associazionismo a essi collegato.
Ciao Giacomo e benvenuto. Sono passati due anni dalla pubblicazione di “L’Onda Nera. 40 anni di (contro) cultura dark”. Vorrei provare a tirare le somme. Cosa ci puoi dire a proposito? I presupposti che ti avevano portato a scriverlo sono sempre gli stessi? Scrivere di musica in questo caso è stato appagante a livello umano?
Sinceramente non mi aspettavo tanto interesse per un libro così di nicchia. Invece a due anni di distanza continuano a invitarmi scuole, università e musei. Credo che aver raccontato il dark in chiave più ampia dalla sola componente musicale ed estetica abbia aperto porte che non pensavo di attraversare. La parte musicale del libro è stata la più difficile da scrivere perché è inevitabile – per questioni di spazio e per far capire alle persone esterne a questa cultura quanto sia ampia e varia – fare delle omissioni o dedicare a nomi importanti nulla più che pochi accenni. Ho ribadito infatti che il mio lavoro non vuole essere assolutamente una sorta di bibbia compilativa musicale del goth. Le reazioni di tantissime persone, e soprattutto dei ragazzi delle scuole, mi hanno commosso.
Mi piacerebbe approfondire il processo di scrittura che hai adottato durante la stesura del libro. Tu facevi parte del movimento e nel libro ne parli con orgoglio e cognizione di causa. Mentre lo scrivevi lo hai approcciato più come un saggio o più come un “memoriale”?
Io mi sento parte di questa scena dal 1986. Avevo 11 anni al tempo e fui subito attratto da band come The Cure e Joy Division. Le atmosfere che riuscivano a evocare, quel look così diverso dal resto degli anni ’80 che erano coloratissimi è stato per me di grande ispirazione. Proprio perché ne faccio parte ho avuto molte remore a scrivere un libro su questo ma poi mi sono detto che potesse essere uno strumento utile per le nuove generazioni, perché sappiano cosa c’è stato prima di loro, e anche per famiglie e insegnanti che magari non sanno come rapportarsi a studenti e studentesse che adottano un certo tipo di aspetto. L’ho subito pensato come saggio, non sono così egocentrico da pensare che il mondo aspetti un mio memoriale, ci mancherebbe. L’aver fatto e il continuare a fare tante cose in questo ambito non mi rende più interessante o migliore di chiunque altro. Inevitabilmente, anche per rispetto al lettore, ho sottolineato che il saggio risente certamente della mia esperienza personale e che quindi va sempre letto consci che non è scritto sulla pietra ma frutto delle mie attività e impressioni in questa scena.
Visto che hai parlato delle tue impressioni e delle esperienze vissute in prima persona, come era la cultura goth in Sardegna quando hai iniziato ad affacciarti e come è la situazione attuale?
Ero davvero troppo piccolo per godere della scena originaria, quella degli anni ’80. Son stato invece partecipe di quella degli anni ’90 che, a mio avviso, non aveva nulla da invidiare alle origini e ha creato tantissime realtà interessanti. La Sardegna è una terra che amo e che ho scelto per vivere consapevole dei tanti limiti geografici e culturali che aveva allora e tuttora persistono. La cultura goth (o dark se vogliamo dirla all’italiana) è sempre stata appannaggio di poche persone, quasi sempre attive nella scena con progetti musicali, teatrali, di moda o di cultura in genere. Chi è nato e cresciuto qui sa che non ci sono mai state serate regolari fino agli anni ’90, che i grossissimi nomi della musica non approdavano e non approdano qui. In questo ho letto l’opportunità di formarmi culturalmente, di costruire di più anzi che arrendermi alle difficoltà. Per dirne una fino agli anni ’90 gli insulti e le minacce erano all’ordine del giorno solo per via del look. Oggi, come ovunque nel mondo, si è ancora più frammentati, ma Cagliari è una città ricettiva e si riescono a portare avanti iniziative molto stimolanti.
Parlando di serate ed eventi musicali tu sei, da tantissimi anni, un frequentatore di festival goth in giro per l’Europa. Di sicuro hai avuto modo di osservare da vicino i cambiamenti nel corso del tempo. Quali le differenze maggiori tra l’ambiente cagliaritano e quello estero? Il primo si è avvicinato al livello del secondo o persiste una forte distanza?
Non sono proprio paragonabili. Il nord Europa, in particolare la Germania, ma anche paesi come il Messico, hanno scene enormi e consolidate, con festival che hanno in cartellone nomi di primo piano e ogni paese, anche il più piccolo, ha il suo goth club dove ci si può ritrovare e ballare insieme. Non solo la Sardegna, ma l’Italia tutta non potrà mai essere così.
A Cagliari, con il nome d’arte di Revenant (da solo o insieme a Venefica), hai suonato in tanti locali e in diverse occasioni. Mi ricordo, nella prima metà dei duemila, del giovedì dark al Fabrik, in cui venivano proposti all’interno dei djset molti esponenti della scena post-punk e darkwave, EBM e industrial. La tua attività da dj e il mondo del clubbing a Cagliari e Hinterland come è cambiata nel corso degli anni?
Più che cambiata la scena sono invecchiato io! Sulla soglia dei cinquant’anni accuso una certa stanchezza anche perché per me una serata non è mai solo proporre un dj set. Da sempre con la mia compagna Venefica (fin dal 1994) abbiamo incluso live band, performer, visual artist, scenografi fotografi e tutte le figure legate all’arte che potessero contribuire a creare un immaginario. Oggi faccio ancora qualche serata e partecipo come dj ad alcuni festival, ma non più con una cadenza fissa come negli anni passati. Ho praticamente messo musica in ogni locale o discoteca di Cagliari, ma anche in altri bei posti in giro per la Sardegna e a Londra. Insomma, sono in pista da metà anni ’90, merito la pensione!
Entriamo nel tema del freak in una città come Cagliari. Quale è la tua opinione sull’argomento, la città come si poneva negli anni ‘90 in rapporto alle varie comunità goth e punk ?
Era un disastro. Il pregiudizio era tangibile in tutti gli ambiti: dalla strada alla scuola fino all’università che in teoria dovrebbe aprire le menti. Tanti si sono arresi perché vessati e perché non si sentivano compresi e accettati. Molte persone hanno cercato città più ospitali e inclusive rinunciando di fatto a contribuire a cambiare la mentalità di questo posto. Come ti accennavo prima insulti, urla, minacce, erano pane quotidiano, a volte addirittura lanci di pietre, ma si dice che ciò che non ti uccide ti rafforza no? Quindi eccoci qui con le nostre belle cicatrici di cui andiamo orgogliosi.
E anche da questo punto di vista, in cosa credi che la situazione sia cambiata da allora?
Oggi per fortuna la società è più informata, si viaggia di più e, salvo rari casi, le persone che scelgono di manifestare la loro appartenenze a culture come quella goth o punk vivono abbastanza serenamente.
A proposito di informare la società, il tuo nome è noto nell’ambiente del giornalismo isolano e sei anche uno dei fondatori, con Francesca Mulas, di Nemesis Magazine, testata registrata ormai nel 2020. Ci puoi parlare brevemente del progetto editoriale alla base? Come si è evoluto rispetto all’idea originaria?
Nemesis magazine è stata la naturale prosecuzione del progetto editoriale che avevamo negli anni ’90 ovvero la fanzine Into The Darkness che, tra le altre cose, compare tra i lavori di pregio nel libro curato dal Ministero dei Beni Culturali ”Out of the grid – italian zines 1978/2006”. Sia io che Francesca siamo giornalisti e collaboriamo da anni con tante testate ma ci mancava avere un giornale nostro che non si occupasse però solo di dark e simili, ma abbracciasse tutta la cultura, con particolare attenzione ovviamente a quella sarda. Vogliamo essere la voce di chi non trova tanto spazio nei media generalisti e aiutarli a emergere. Ci è stato subito chiaro che spesso teatro, letteratura, arte e moda hanno poco posto nei quotidiani e se escludiamo le riviste specializzate, che sono nicchie, tante bellissime realtà e altrettanta bella umanità non viene mai fuori. Siamo stati per qualche mese un blog, ma è parso subito chiaro che Nemesis Magazine meritava di essere una testata giornalistica a tutti gli effetti. I nostri contenuti sono gratuiti, siamo convinti che la cultura sia un ponte tra le persone e non un bene appannaggio di chi se lo può permettere. Produciamo anche podcast e diamo spazio a giovani tirocinanti che diverranno poi colleghi dell’ordine dei giornalisti.
Tra le varie attività di cui ti occupi c’è anche l’Associazione Terra Atra, di cui presidente dal 2017. Quali sono gli scopi per cui è nata e di cosa si occupa?
Terra Atra, già dal nome, vuole raccontare una Sardegna poco nota e poco esplorata, lontana dai cliché da cartolina che troviamo decisamente obsoleti. L’associazione è quella che finanziariamente regge Nemesis magazine e si fa promotrice di molti progetti culturali soprattutto nel cagliaritano come reading, incontri e dibattiti, presentazioni di libri, workshop, stand up history. Collaboriamo con diverse associazioni, in particolar modo abbiamo stretto un sodalizio con Trip Sardinia di cui ammiriamo l’impegno e la tenacia. Di recente abbiamo lavorato a un progetto mirato a raccontare la realtà delle persone con disabilità mentali (o presunte tali) nell’ex manicomio di Villa Clara a Cagliari. Hanno collaborato tante persone meravigliose alla sua realizzazione e oggi chiunque, gratuitamente, può ascoltare il podcast che parla di questa realtà. Le due visite guidate proposte nel luogo dell’ex manicomio sono andate sold out. Il 5 dicembre proporremo una stand up history su questo tema a Su Tszirculu, in via Molise a Cagliari.
Ora hai in cantiere qualche nuovo progetto? Cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro?
Al momento la mia vita è carica di impegni molto belli, con ancora presentazioni del libro e partecipazioni a convegni sul dark e post punk organizzati dalle università. Oltre al mio lavoro quotidiano nel servizio comunicazione istituzionale della Presidenza della Regione autonoma della Sardegna, mi occupo di Nemesis Magazine, collaboro con Tiscali Cultura (già da diversi anni) e poi ci sono due novità. La prima è un libro in arrivo che non sarà un saggio, ma un piccolo romanzo di cui però non vi svelo ancora nulla. La seconda è che da quest’anno, dopo qualche collaborazione passata, ho avuto la cattedra di Fenomenologia delle arti contemporanee allo IED di Cagliari. Si tratta di un insegnamento trasversale e multidisciplinare che comprende il design sotto i profili del fashion, media e interior design. Si sta rivelando un’esperienza ricchissima sia da un punto di vista professionale che umano dato che non avevo mai fatto il docente e non mi ero mai dovuto prendere cura della formazione di tante persone tutte insieme.
Foto di copertina: Credits Sabrina Murru