Vetrina del Closer Shop, foto di Bruno Cruciani

È tutta scena! – Bruno Cruciani, Closer

Alessandro CauliÈ tutta scena!, Interviste

“Un negozio, è un negozio, è un negozio”. Si potrebbero raccontare così, parafrasando i versi di Gertrude Stein, la bellezza e l’essenzialità di un attività che ti consente di stare immerso in un mondo mutevole ma che, allo stesso tempo, non può che essere naturalmente in quel modo. Anche vendere musica non è semplice come appare a prima vista: al contrario la sua natura evoca una complessità sempre da ricercare e comprendere. E per farlo, in questa puntata di “È tutta scena”, ci siamo spostati a per scambiare due parole con Bruno Cruciani, titolare di “” e da oltre trent’anni punto di riferimento per i devoti del verbo rock di Oristano e provincia.

Ciao Bruno. Puoi raccontarci com’è nata l’idea di aprire un negozio di dischi a Oristano?

L’idea del negozio è maturata mentre facevo un altro lavoro. Era l’estate del 1991 e vagavo in macchina con la cassetta di “Closer” dei Joy Division. Ero già infognato coi dischi e il mio lavoro (motociclette) stava cambiando, per cui decisi maldestramente di aprire qui a Oristano e chiamare il negozio per l’appunto “Closer”.

Interno del Closer Shop, foto di Alessandro Cauli
Interno Closer Shop, foto di Alessandro Cauli

In questi anni hai visto piano piano chiudere tutti gli altri negozi in città, sei rimasto l’unico. Nell’A.D. 2023 è ancora possibile vivere con questo lavoro?

Vorrei precisare che i miei ex colleghi non chiusero per la crisi di mercato, ma per una serie di fattori che a me hanno inciso meno, avendo nel tempo ereditato il locale dove sto tuttora. Per il resto il 2023 non deve sembrare “il futuro” per cui tutto è digitale. Anzi, siamo in piena “retromania” e molti scelgono di avere qualcosa di tangibile che rimanga nel tempo, come accade anche per i libri e videogiochi vintage.

A proposito di tangibilità del formato, com’è invece la situazione a queste latitudini?

Guarda secondo me il digitale ci ha resi bulimici, una marea di ascolti e visioni che poi, una volta fatta indigestione, ci lasciano quel desiderio di selezionare le opere che vorremmo avere (vinili, film, libri), vuoi per collezionismo, vuoi per trasmetterle a qualche erede. Chiaramente parliamo di nicchie di appassionati.

Interno del Closer Shop, foto di Alessandro Cauli
Interno Closer Shop, foto di Alessandro Cauli

In questi trentuno anni come si è evoluta la tua clientela? Che tipo di persone frequentano oggi Closer?

Per tutti gli anni Novanta ho avuto una clientela prevalentemente rock, dal metal all’indie, dall’elettronica al punk. In seguito tanti di quei ragazzi hanno preso strade diverse, chi è andato via per lavoro, chi ha messo su famiglia. La cosa bella è che poi molti tornano in vacanza, magari con figli a cui hanno trasmesso la passione, e trovano quasi lo stesso clima di un tempo e le band che hanno segnato quegli anni.

Oggi, inoltre, c’è molto più interesse da parte del pubblico femminile e anche di una grossa fetta di adolescenti, soprattutto per i vinili. Devo dire però che il cd tiene sempre, soprattutto con la musica pop/hip pop/italiana.

Che rapporto hai con i musicisti di Oristano e provincia? Sono clienti affezionati o sporadici? Ti portano il loro materiale?

Direi buono da sempre, tratto anche i loro prodotti quando riescono a farmi avere qualche copia, anche se il grosso lo fanno ai loro concerti, come è normale che sia.

Senti riguardo ai musicisti sardi come vedi l’attuale scena? Tu la tratti? C’è interesse attorno a qualche genere in particolare (jazz, rock, folk)?

La scena sarda è sempre viva anche se i costi e le modalità sulla sicurezza dei concerti sono aumentati. È difficile organizzare se non si hanno dietro un’agenzia o un locale che voglia supportare. In compenso con internet si ha una comunicazione migliore rispetto a un tempo. Come dicevo prima comunque tratto i loro lavori, quando è possibile, molto volentieri.

Interno del Closer Shop, foto di Alessandro Cauli
Interno Closer Shop, foto di Alessandro Cauli

Che mi dici invece degli altri colleghi? Come sono i rapporti?

In maniera maggiore in passato, quando mandavano materiale da varie parti. Oggi molte realtà sono sparite o sono state inglobate da major etc. Ad ogni modo sono sempre disponibile e ho rispetto per chiunque lavori nel settore.

Sono curioso di sapere quali sono i dischi che quest’anno hai trattato di più. C’è qualche band che quest’anno è andata via come il pane?

Come il pane è una parola grossa, ormai le vendite sono molto distribuite. Per dire, i tanto amati/odiati Maneskin hanno venduto ma poi si son fermati di colpo. Altri artisti vendono sempre e comunque, Pink Floyd docet.

Quest’anno ho venduto bene, per esempio, Deftones, Pantera, che sembravano in declino, come anche un Marracash. In passato è capitato invece con Sigur Ros, Queens of the stone age e Salmo.

Interno del Closer Shop, foto di Alessandro Cauli
Interno Closer Shop, foto di Alessandro Cauli

Tu che tipo di ascoltatore sei? Vinile, cd, cassette, radio, streaming?

Io cresco con 45 giri e cassette, vinile negli anni Ottanta, cd negli anni Novanta, poi torno al vinile da metà dei 2000. Lo streaming mi serve come test e lo uso alternato ai supporti fisici.

Closer è un omaggio a uno dei tuoi dischi del cuore. Oggi quali album porteresti con te sulla famigerata isola deserta?

La mia classifica personale cambia in continuazione, alcune band che ho amato ora fatico a risentirle perché associo sempre la musica al periodo in cui la ascoltavo. Per esempio il sound di Bristol è stato colonna sonora di un periodo molto bello ma oggi raramente lo riascolto. Idem per la scena Gothic o per quella Post Rock che è stata il mio pane quotidiano. Ad ogni modo una classifica posso tentarla, e in ordine casuale dico: The Velvet underground & Nico, il debutto omonimo degli Smiths, “Marquee moon” dei Television, “Hex” dei Bark psychosis, “Daydream nation” dei Sonic youth, “Closer” dei Joy division, l’album solista di Mark Hollis, “She hangs brightly” dei Mazzy star, “Five leaves left” di Nick Drake e “Down colorful hill” dei Red house painters.

Interno del Closer Shop, foto di Alessandro Cauli
Interno Closer Shop, foto di Alessandro Cauli