Intervistiamo Matteo Leone dal backstage di uno dei più importanti festival in Europa
Ciao Matteo, cogliamo l’occasione della vostra partecipazione allo Sziget Festival per fare un sunto della vostra storia come Don Leone. Anche perché su Sa Scena Sarda non abbiamo mai fatto un vero e proprio articolo su di voi.
Ricordo come un fulmine a ciel sereno il vostro video Be My Woman. Raccontaci un po’ i tuoi primi passi insieme a Donato.
Sì, Be My Woman è stato il nostro primo video, fatto uscire senza preavviso. Io e Donato, comunque, è otto anni che ci conosciamo. Eravamo amici su Facebook, poi Donato mi ha contattato per una collaborazione musicale al suo progetto Donnie. L’ho sentito cantare, e pian piano l’ho convinto a creare questo progetto che sono gli attuali Don Leone.
Da subito ho capito che avevate stoffa, e ho avuto ragione, dato che di cose importanti, non da tutti, ne avete fatto. Sei soddisfatto del vostro percorso?
Non potrei essere che soddisfatto per come stanno andando le cose. Io e Donato alla fine è due anni che suoniamo assieme. Abbiamo fatto veramente tantissimo, cose realmente belle e anche importanti. Assolutamente non posso che essere soddisfatto di tutto ciò.
Tu e Donato avete una provenienza musicale abbastanza diversa: tu blues tradizionale con studi jazz, lui rapper. Come avete conciliato le due estrazioni?
Sicuramente veniamo da due scene distanti, ma solo apparentemente, perché se vai a scavare scopri che il rap è solo un prolungamento della cultura afroamericana dove il rap è conseguente nella storia a folk, blues e jazz. Abbiamo quindi conciliato a modo nostro i due precedenti percorsi personali e abbiamo creato i Don Leone.
Welcome to the Southwest è un bellissimo disco ma di cover, cosa comunque comune in ambito blues. Avete in progetto un altro lavoro, magari sulla lunga distanza, e come sarà strutturato? Nel senso, pezzi vostri, cover o un mix?
Welcome to the Southwest è il nostro primo EP di sole cover, composto da brani della tradizione americana ma anche con alcuni pezzi che vengono da altri ambiti come, ad esempio, gli Iron Maiden.
Il nostro prossimo lavoro sarà sulla lunga distanza, un LP, e sarà composto prevalentemente da brani nostri, stiamo inoltre valutando se inserire delle cover o meno. Entreremo in studio a metà settembre. Vediamo che succede!
Siete stati uno dei cavalli di battaglia della Talk About Records di Diego Pani, la più importante realtà regionale e una delle più importanti anche su altre scale. Come vi siete conosciuti?
Donato faceva già parte del roster Talk About Rwcords con il suo progetto personale Donnie. Quindi con Diego Pani eravamo già in rapporti. Di li, essendo uno dei suoi collaboratori, il passo è stato breve.
La notizia della partecipazione a Narcao Blues è arrivata proprio nei giorni del “nostro” Raw Blues Secret Show, serata davvero bella per me, son stato testimone diretto della vostra ascesa, e di lì a brevissimo arrivarono pure le notizie per le varie tappe dei vari Blues Challenge.
Ho un bellissimo ricordo di quella serata. Ricordiamo con piacere la serata, tra l’altro un bellissimo concerto! Sì, in quei giorni stava iniziando a muoversi tutto. Abbiamo, sia io sia Donato, (ride, ndr) davvero un bellissimo ricordo della serata in cui ci avevi chiamato.
Il 2017, un anno d’oro per il blues nostrano. Quest’anno le uscite in tema blues son state meno incisive e frequenti. Pensi che il 2017 sia stato un caso isolato o ci saranno altri anni di livello entro poco tempo? Facendo pure il conto che il 2018 non è ancora terminato e potrebbe riservare sorprese.
Per il blues sardo il 2017 è stato un anno interessante, Welcome to the Southwest ma anche Bad Blues, Cubeddu e Vittorio Pitzalis. Mi pare siano usciti nel 2017 giusto? Comunque ora c’è da aspettare il nostro disco, che dovrebbe uscire nel 2018.
L’ultima volta che ho visto un vostro live, al Marconi Lounge di Villaputzu (ricorderete) ho visto una crescita esponenziale per quanto riguarda potenza, forza espressiva e impatto, stupendo anche chi non segue il blues. Potete ritenervi una band che può aprire brecce oltre la stretta cerchia di appassionati o puntate a qualcos’altro?
Il nostro è un blues molto basico e istintivo, terra terra, ed è questo il nostro punto di forza. La sua semplicità ha un impatto tale da poter incuriosire anche i meno propensi verso questo genere. Anche qua allo Sziget, dove le persone hanno svariate estrazioni musicali, siamo riusciti a far ballare e muovere il pubblico!
Appunto, lo Sziget Festival di Budapest: uno dei festival più importanti in Europa e oltre. Come ci siete arrivati?
Ti sto parlando, appunto dal backstage dello Sziget, dal nostro camerino. Siamo in attesa della navetta che ci porterà finalmente a dormire.
Beh, sì, è un festival importantissimo, un paese dei balocchi versione adolescente, immenso. C’è di tutto.
Ci siamo arrivati per puro “culo”. In pratica è saltata la data di un artista neozelandese, Thomas Oliver, fortissimo chitarrista slide. Quando abbiamo suonato all’European Blues Challenge in Norvegia, abbiamo conosciuto questo manager, booker dell’Est Europa con un grosso giro che ci ha chiamato per sostituire Thomas Oliver. Per fortuna avevamo la data libera e siamo potuti andare allo Sziget.
Ultima curiosità: In attesa di intervistarlo personalmente sul suo progetto solista, cosa fa Donnie?
Ti mando un piccolo video direttamente dal backstage dello Sziget Festival di Budapest!