Dicembre è un mese rischioso per chi scrive di musica e per gli appassionati di dischi, perché non è raro che possano sopraggiungere lavori capaci di destabilizzare le classifiche di gradimento e le proprie gerarchie negli ascolti dell’anno che si avvicina alla sua conclusione. Negli ultimi anni, ad esempio, SOS di DZA o Black Messiah di D’Angelo sono due album pubblicati nell’ultimo mese ma che sono stati centrali nelle top ten del 2022 e 2015, ma tornando indietro nel tempo troviamo London Calling dei Clash, You’re all living on me dei Dinosaur Jr, The Cronic di Dr. Dre fino ad arrivare ad EP iconici come Sitting on the dock of the bay. A loro modo i Death to Acid hanno scelto la conclusione del 2023 per pubblicare, in collaborazione con la Cult of Indigo Records, il proprio esordio “Sorrowful Tunes About Modern Joy”. E, sebbene non si tratti di un lavoro accostabile per importanza e qualità ai capolavori sopra menzionati, riesce comunque a godere di un posto rilevante tra le produzioni isolane dell’anno. Un anno in cui Daniela Pes ha dominato fuori e dentro i confini della regione, affiancata da artisti quali Paolo Angeli, GOLD MASS, Le Lili o Dalila Kayros, certificando uno stato di salute eccellente per la musica fatta in Sardegna.
I Death to acid sono una band cagliaritana, i cui componenti provengono da altri progetti musicali: Andrè Suergiu (voce e synth) è un esponente della scena punk hc isolana (Second Youth, Gold Kids, Truth in my Hands), Marcello Collu (batteria) suona con i Bliss Machine e Nicola Tinti (basso) proviene dai Gold Kids. In fase di registrazione erano un trio, ma la formazione si è allargata a quartetto, con l’ingresso della visual artist turca Yaprak Kirdok (Gentilesky) alla voce e synth. Il lavoro, registrato e mixato presso gli A.C.M.E. studios del capoluogo e prodotto da Fabio Demontis (chitarrista dei CLVBS e produttore per Quercia,Gairo e altre band isolane), consta di sette brani per trentadue minuti e che riprende le coordinate della darkwave, post punk e shoegaze. Sorrowful riesce a catturare, in maniera brillante e coinvolgente, le migliori intuizioni degli anni ‘80, ricalibrandole su territori contemporanei del post-punk di terza generazione, creando un ponte tra la golden era, così come canonizzata da Simon Reynolds, e la terza generazione del post punk contemporaneo. Il risultato è un disco che stuzzica la componente nostalgica dell’ascoltatore, ma, allo stesso tempo, non lo abbandona in quella palude di mero revival e manierismo che stanca dopo qualche ascolto o non riesce ad andare oltre uno o due brani. Il disco è, secondo l’opinione di chi scrive, uno degli esordi migliori da diverso tempo a questa parte in Sardegna, grazie a una stimolante combinazione di melodia, songwriting (loud, loose like the devil, holy pain, nowhere town sono brani che restano impressi in testa dal primo ascolto), groove e varietà senza risultare ciclostilato. C’è un desiderio di ricerca tra il passato e le nuove frontiere moderne, creando un gioco di affascinante decadenza e ritmi ammalianti. L’uso dei synth e la sezione ritmica interagiscono in modo ottimale, di supporto alla voce salmodiante ed evocativa di Suergiu, al punto tale da liberarsi senza colpo ferire della schiavitù della chitarra, con buona pace di riccardoni e old boomers.
Quello che per ora sappiamo è che Sorrowful tunes about modern joy è la colonna sonora adatta per dipingere la monotonia di certe giornate della società postmoderna, capace anche di alternare a momenti, sensazioni e sprazzi di gioia e seduzione vitale. Rattlesnake è una marcia funebre tra Joy Division, Death in June e The Sounds. Amen è un epitaffio sonoro, tra decadenza e tramonto. Loose like the devil è un singolo enigmatico e affascinante, tra dream pop e synthwave, mentre Loud è un viatico, tra post punk industrial e primi Jesus and Mary Chain. In conclusione sarà solo il tempo a decretare se i Death to acid siano destinati a grandi cose o meno, ma di sicuro partiamo dal presupposto di avere tra le mani una delle pubblicazioni migliori dell’anno.