Cristiano Godano

RedazioneInterviste

Due chiacchiere con il frontman dei , in Sardegna con la band per un live a Simaxis

A un anno di distanza dal concerto di Cagliari per il ventennale de Il Vile, i Marlene Kuntz tornano in terra sarda, a Simaxis, nell’ambito dei festeggiamenti per la festa patronale. Il pubblico, come spesso capita in queste occasioni, è diviso tra coloro che vogliono trascorrere semplicemente una serata in musica e quelli arrivati nel paese dell’oristanese proprio per ascoltare la band di Cuneo.

I Marlene salgono sul palco elegantissimi come sempre, impeccabili nelle camicie che sono diventate un po’ la loro divisa; oltre alla formazione storica con , Riccardo Tesio alle chitarre e Luca Bergia alla batteria, sono presenti Luca “Lagash” al basso e Davide Arneodo al violino e tastiera. Ad aprire il concerto è 111 tratta da Uno, ma è con Overflash che la piazza si infiamma, scandendo ogni parola di una canzone diventata simbolo del rock italiano di fine millennio. Seguono Ape Regina, Lamento dello sbronzo, sino ad arrivare a una vera e propria esplosione di urla e sudore quando partono le prime note de Il vile: era quello che i fans della prima ora dei Marlene aspettavano. Nuotando nell’aria e La canzone che scrivo per te fanno cantare i nostalgici, ma è in chiusura di concerto, quando esplodono le prime note di Sonica, che il pubblico che segue i Marlene dai tempi di Catartica raggiunge l’apoteosi: lampi, tuoni, saette, schianti di latte, fragori, albori di guerre universali, scontri letali! È un tripudio di chitarre distorte e la voce di Godano si stampa nelle orecchie delle persone anche quando l’ultima nota si è esaurita. Il concerto si chiude così, il pubblico ringrazia e calano le luci su una serata che ha accontentato anche i puristi del rock marlenico degli anni ’90, e che non ha mancato di offrire momenti di grande bellezza. Finito il concerto la band, come sempre, tra un dolcetto tipico sardo e un bicchierino di vernaccia, non si risparmia all’affetto del pubblico che aspetta i musicisti per un autografo e una foto ricordo. Ne approfitto e concordo una breve intervista con Cristiano Godano, che, nonostante sia ormai quasi l’una di notte, si concede per due chiacchiere.

Intervista di Giulia Pani

Vent’anni fa usciva “Ho ucciso paranoia”, dopo “Catartica” e “Il Vile”, voi eravate nel pieno della carriera e vi consacravate come band di punta nel panorama rock italiano. A distanza di due decenni, e svariati dischi dopo, con un viraggio verso una musica più quieta, a tratti quasi meditativa, quali sono le prospettive di questi Marlene?

In realtà nonostante sia passato così tanto tempo e ci sia una carriera musicale di mezzo, le prospettive dei Marlene e quindi anche le mie non sono cambiate. La mia speranza per il futuro è quella di avere il più a lungo possibile le energie per poter continuare a fare musica fino a quando ce ne sarà bisogno. Io voglio essere un musicista per tutta la mia vita, e visto che nel corso della carriera non mi sono di certo arricchito, non avrò neanche una buona pensione, per cui, o mi chiamano a fare il giudice a X Factor oppure devo suonare tanto e spero di poterlo fare ancora a lungo.

Pensando a quest’epoca di talent show, di prodotti musicali studiati a tavolino, di nuovi fenomeni, di meteore che brillano il tanto di una notte, infiammano il pubblico e poi si spengono, che posto hanno i Marlene Kuntz? Il vostro successo è legato al passato o state avendo dei riscontri positivi anche nelle nuove generazioni?

Questo dipende da noi, il successo che potremmo avere nelle nuove generazioni è inevitabilmente legato a una serie di fattori, tra cui il marketing, le strategie commerciali, la qualità dei dischi che produrremo nel futuro. È innegabile certo che una band composta da cinquantenni potrebbe avere qualche chance in meno rispetto all’adolescente rubacuori per quanto riguarda l’appeal sui ventenni di oggi. I talent show poi portano un sacco di consensi!

foto di Antonello Diana

Mi pare di capire che l’idea di partecipare a un talent show in qualità di giudice non è una cosa che ti disturba particolarmente? Lo faresti davvero?

In realtà girano davvero tanti soldi in questi programmi, una marea di soldi, per cui ovvio che per una questione economica non mi precluderei questa possibilità ma anzi, la prenderei seriamente in considerazione.

Però è fuor di dubbio che a tratti si senta la mancanza di artisti puri, che emergono da soli per la loro genialità senza una dietro. Voi avete scritto un pezzo che si chiama “Il Genio”: nell’ambito del panorama nazionale, o meglio ancora sardo, ti sembra che ci sia ancora la genialità?

Si, credo che ci siano ancora dei lampi di genialità nel panorama musicale italiano, un nome su tutti che mi viene in mente in questo momento è il vostro conterraneo Salmo. Lui mi piace, apprezzo veramente tanto quello che fa e credo che si tratti di un artista puro, vero.

E invece a livello proprio di bagaglio musicale tuo personale, quali sono gli artisti a cui ti sei ispirato nel corso della tua carriera, le tue “ossessioni musicali”.

Tre nomi su tutti: Nick Cave, Neil Young e Sonic Youth. Loro sono per me come i santini del presepe; ho assistito da poco a un concerto di Nick Cave e lui non delude mai, è un figo e i suoi concerti sono sempre spettacolari. In altre occasioni ho avuto modo di parlarci e ho anche avuto uno scambio epistolare con lui, purtroppo questa volta era con la sua famiglia e non c’è stata la possibilità di scambiare due parole, ma resta sempre un mito assoluto.

foto di Antonello Diana

È nota a tutti la tua passione per la letteratura russa, in particolare per Nabokov, anche nei tuoi testi, vedi Uno, tratta da “La vera vita di Sebastian Knight”. Una curiosità personale, sei mai riuscito a leggere Ada o Ardore? Perché per me è ormai diventata una sfida quasi impossibile.

(Ride) Bella domanda. Anche per me lo è, non sono mai riuscito a leggerlo, è una di quelle imprese titaniche, come affrontare la lettura dell’Ulisse di Joyce! Addirittura qualcuno mi ha consigliato di saltare le prime cento pagine per riuscire ad arrivare alla fine. È una cosa che mi ripropongo di fare ma non l’ho ancora preso in mano. Ho paura, è una lettura per cui bisogna essere veramente in forma. A Nabokov però bisogna dare molta pazienza, lui non bluffa e si è sempre ripagati.

Restando in ambito letterario, tu hai scritto una raccolta di racconti, “I vivi”, c’è qualcosa di nuovo che bolle in pentola per quanto riguarda la scrittura?

Ho tante idee, che mi piacerebbe prima o poi si potessero tradurre in un romanzo, ma è un percorso che al momento mi fa paura affrontare. Mi auguro di riuscirci in futuro.

Grazie Cristiano, vi aspettiamo presto di nuovo in Sardegna!

Torneremo presto!