Copertina di Motherland, album dei Concrete Age

Concrete Age – Motherland

Luca GarauAlbum, Ascolti

Checchè se ne dica, al macrocosmo metal molto si può obiettare, meno che non sia curioso nelle commistioni e nelle influenze. Capita così che un sardo (Giovanni M Ruju), un russo (Ilia Morozov) e un bulgaro  (Boris Zahariev) – e un altro sardo in veste di turnista (Davide Marini) – formino i e utilizzino la semantica del thrash metal per rileggere i suoni e le strutture musicali natie. 

La compagine giunge al nono disco, chiamato per l’appunto Motherland, che “si pone come un omaggio alla terra natia del nostro cantante Ilia [russo, ndr.]”. Ma già in precedenza con brani come Trite Puti e Su Dillu avevano esplorato e omaggiato rispettivamente la tradizione bulgara e quella sarda.

Qualcuno ci sentirà le sfumature epic, qualcuno il folk metal, qualcuno forse storcerà il naso, ma al netto delle considerazioni personali, è sicuramente degno di nota l’intento di continuare a dire cose vecchie con un vestito nuovo e, in un certo modo, inusuale.

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