Collapse – Grief Atlas

Enrico Melis CostaAlbum, Ascolti

Chi scrive ben ricorda come all’alba degli anni dieci, nei primi anni di liceo ci si sentisse – purtroppo – brutal ad ascoltare Slipknot e Bring Me The Horizon. Tra innumerevoli “togli quella merda!” e sguardi timorosi, era impossibile non sentirsi dei pazzi criminali. Ma l’innocenza finisce, e ogni sedicente metallaro si è poi trovato al bivio dell’uomo occidentale: c’è chi è uscito dal tunnel e ora è un cordiale giovinotto che ascolta gli Imagine Dragons, e c’è chi è diventato invece cultore della musica estrema (qualsiasi cosa voglia dire).

Come ogni altra premessa apparentemente inutile, è in realtà proprio l’elemento del brutale e dell’estremo ad essere centrale nel sound dei Collapse, band cagliaritana con membri Nicola Tinti (già ), Leonardo Lantini (già ), Mattia Cossu (già e parte di Piovono Pietre) e Alberto Orrù. Da anni avvezzi a sonorità belle pesanti, i quattro hanno confezionato e autodistribuito l’album di esordio GRIEF ATLAS

Nei suoi dodici minuti di durata – come tradizione nel metalcore – i Collapse ergono un muro tanto ruvido ed escoriante, quanto impenetrabile e misterioso. Giocherà di certo l’estetica, ma ascoltando l’album sembra di percepire fisicamente il granuloso bianco e nero in copertina: dall’incedere simil doom di Ritual Death alle esplosioni grind di SCAR/CITY e Deaf World 2024, fino alla chiusura più canonicamente death di Swollen Eyes, si è come riportati a quella sofisticata violenza di Nails e allievi.

Disponibile dallo scorso 3 marzo sulle piattaforme di streaming e accompagnato da un’edizione fisica in vinile, il disco è stato registrato e mixato da Corrado Cardia in casa ed è stato masterizzato da Andrea Pica di Officina 13 Studio.

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