Paolo Angeli - Bodas de Sangre - AnMa Studio - Bandcamp - player - 2020 - Sa Scena Sarda

Bodas de Sangre – Paolo Angeli

Simone La CroceMusica, Recensioni

Andalusia, 1928. Durante la sua prima notte di nozze, una sposa fugge con il suo amante. Lo sposo li raggiunge nella foresta e sfida il rivale in un duello in cui cadranno entrambi.

Da questo fatto di cronaca Federico García Lorca resterà impressionato a tal punto da scriverne una delle sue tragedie più celebri, Bodas de Sangre. Dopo quasi novant’anni Paolo Angeli riprenderà le atmosfere del drammaturgo spagnolo per riproporle in musica, calandole, tra mille riferimenti alla cultura andalusa, nella drammaticità di un presente fatto di isolamento, palazzi e periferie, solo in apparenza lontano da quello nomade descritto da Lorca.

Il musicista gallurese, in presa diretta e senza sovraincisioni, concepisce un brano per ciascuno dei cuadri del primo atto del dramma, in cui si narrano l’amore della promessa Sposa per il suo amante, il desiderio di vendetta dello Sposo e si tessono le trame che porteranno al tragico finale. L’attesa e l’inquietudine per l’incombente emergono dal clima rarefatto del Cuadro I, abilmente dipinto dalle corde della chitarra di Paolo, le quali, di volta in volta pizzicate, sfregate con l’archetto o percosse dai martelletti, ritmano il racconto ed evocano i sentimenti e le paure che si avvicendano nello svolgersi della storia.

Ma la prima traccia è solo il preludio allo sviluppo del secondo cuadro, intitolato La nana del caballo grande e ispirato all’omonimo brano di Camarón de la Isla, forse il più grande cantante spagnolo di flamenco: arrivato al fiume per abbeverarsi, il cavallo scorge nell’acqua scura un presagio di morte e intona una ninna nanna che sfocia in pianto, in una rivisitazione acida della Siguiriya, una delle forme più tragiche e oscure del genere.

Il cavallo della canzone diventa, nel Cuadro III, protagonista della musica di Angeli: la sua narrazione prende una piega concitata, il climax dell’azione e le sperimentazioni che preludono alla fine del cuadro rendono il racconto volutamente confuso, sfumato, quasi incomprensibile. Come il turbinio nei pensieri dei protagonisti, che si avviano all’ineluttabile futuro inconsapevoli dei propri stati d’animo, ma ben consci di un epilogo già scritto.

L’incredibile quantità di suoni che Paolo riesce a estrarre dal suo strumento stupisce a ogni passaggio: nonostante l’intricato intreccio di storie e riferimenti che ha portato alla genesi del disco, i tre cuadri scorrono fluidi e, fin dalle prime battute, l’ascoltatore viene rapito da una storia invisibile ma in qualche modo a lui nota, nella quale è libero di cogliere ogni suggestione che il proprio vissuto riesce a rimandargli. La sua chitarra è – ancora una volta – una nave che vaga nel Mediterraneo, facendo spola, in perenne movimento, tra le coste spagnole, marocchine e balcaniche: come onde, le linee melodiche mostrano la mutevolezza dei luoghi e dei destini, ma senza rimarcarne le differenze, in un continuum di cui solo l’acqua può farsi creatrice.

Bodas de Sangre è un tributo riguardoso a un genere molto amato e ben noto al chitarrista, che – per questo – ha potuto farlo proprio, riuscendo a riproporlo con grande rispetto, contemporaneità e libertà espressiva; un disco commemorativo ed evocativo al tempo stesso, che trova nei silenzi e negli spazi dilatati la dimensione perfetta per farsi ascoltare in immersione totale.

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