Lantias, Elena Ledda, 2018
Quando sulla soglia guardi la strada
e vuoi parlarmi
prima che anch’io passi oltre
mi dici “presto, vieni,
che ho qualcosa da raccontarti
e non lo sappiano nemmeno questi muri,
ricordi mia figlia
quella che doveva tornare
proprio il giorno di Pasqua,
quella con le guance tenere
la collana d’argento e gli orecchini rossi?
Si è smarrita ed ora è sola
per essersi innamorata
non so più di chi,
di uno che in poco tempo
l’ha ridotta a brandelli
non le ha lasciato né cuore, né ragione
perché mi dicono ancora
che non la vedrò tornare?
Non c’è più sentimento per una madre?
E chi ha detto
che il peccato conduce alla penitenza?
O forse ha sbagliato
venendo al mondo
ad essere bella, questa creatura?
L’ho chiesto anche a Dio
in preghiera
se ne ha colpa solo la natura
che ha mal destinato,
crescendo i suoi figli,
la misura di senno e bontà
e senza pietà a troppi
ha riservato la malvagità
Mi consuma l’ansia
che non si placa mai
per non averla in casa con il mio affetto
solo il mio cuore sa
quanto ha dovuto sperare
di poterla raggiungere dove dicono sia andata
stanotte nell’oscurità
un’ombra mi si è fermata accanto
mi ha guardato a lungo muta
e poi mi ha sussurrato
aspettami, mamma, sto arrivando
Mi è apparsa in sogno
felice come non mai
con quella luna dipinta sul petto
“In questa vita mia
la morte non può entrare
perché è protetta da sette chiavi d’amore,
amata mamma
profumata e ingioiellata,
ben vestita e pettinata
pronta ad accogliermi
voglio vederti dietro la finestra”
Mi sono preparata
il fazzoletto di seta
la camicetta azzurra mai indossata
quando sarà arrivata
rideremo tanto
di quanto io sia diventata piccola e magra
tutta abbracciata a me
non mi parrà vero
il viso delicato di mia figlia
Non passare senza fermarti
tu, che sei proprio identica a lei.