Artificial Bride – Figlia dei suoi tempi

Claudio LoiMusica, Recensioni

Nelle vesti della sposa artificiale ritroviamo un volto ben noto della scena della musica elettronica nelle sue varianti più esoteriche. richiama alla mente quella realtà distorta e ipotetica che abbiamo imparato a frequentare in diverse produzioni cyberpunk tipo William Gibson e Bruce Sterling e che potrebbe essere la compagna ideale del vecchio golem o l’amica dei giochi di Frankenstein. A pensarci bene potrebbe essere qualcosa di molto più vicino a noi, a una realtà sempre più alienata dalla vita reale, un sistema di simulacri che tanto affascinava un veggente come Baudrillard passando per le migliori pagine di Philip K. Dick. Figlia dei suoi tempi, figlia dei nostri tempi, di esistenze pianificate da algoritmi, di forme di vita che sempre più si allontanano dalla realtà in un pellegrinaggio di cupa dissolvenza. 

Di Sara Cappai abbiamo ancora nel cuore la lunga esperienza del Diverting Duo condivisa con Gianmarco Cireddu: un’avventura sonora che è stato spontaneo inserire in una scena definita come vapor wave, ethereal wave, dream wave, residui organici di shoegaze e altre denominazioni che spesso depistano e offuscano la reale consistenza della musica. Ma la necessità di trovare delle nicchie, degli scaffali in cui sistemare le cose è anch’essa figlia dei nostri tempi: logici, matematici, digitali, divergenti. Quella era musica soffice e impalpabile, suoni lenti e indolenti, una voce di provenienza ignota e i riferimenti erano a certe atmosfere create da gente come i lontani  Cocteau Twins o i più contemporanei Beach House che sembrano anche i più prossimi alla loro idea di musica. Poi sono arrivate altre proposte, più o meno in linea con quelle passioni primordiali. Prima Santamorina con un ensemble più largo e una discreta propensione al ritmo, poi la nebbia e il mare d’inverno di Memory of Sho (ancora con la formazione a due). E non è a passata inosservata anche un’altra sua divagazione solitaria che rispondeva al nome di Ramplingg.

Una traiettoria creativa abbastanza omogenea e lineare che nel tempo si è consolidata in un suono riconoscibile e personale, una visione del mondo leggermente psichedelica, stranita ed evanescente, con una sensazione di leggera narcosi a rendere tutto più sfumato e onirico. Ma con Artificial Bride siamo su un altro livello. Ci troviamo di fronte a una più spessa coltre di nebbia, nella quale si avverte la sensazione di un pericolo incombente, le voci arrivano da un lontano altrove e sono lamenti senza speranza, voci senza corpo. La pigra euforia dei primi lavori scompare per lasciare spazio al dark più dark, a un bordone minaccioso e limaccioso costruito sulle paure più arcaiche, in un crescendo di ansia e disorientamento. Sarà questa la musica dei nostri tempi? La colonna sonora di un pianeta in via di dissoluzione in cui tutto sembra perso? Sembra questo il messaggio che ci mandano queste tracce, in un vortice di disperata rassegnazione, in un incubo da cui è meglio scappare il prima possibile. Per fortuna qualche barlume di fioca luce e speranza ci arriva dalle due tracce che chiudono l’album, due remix a cura di O3SIDIAN che ci riporta su territori meno distopici con una buona dose di ritmo di scuola EBM che in qualche modo riattivano la circolazione e il respiro si fa meno grave. Non tutto sembra perso e forse il messaggio della sposa artificiale è quello di  riprendere in mano il proprio destino e riveder le stelle dopo il naufragio, come suggeriva in altri tempi Cesare Pavese: “l’unico modo di sfuggire all’abisso è di guardarlo e misurarlo e discendervi”. 

Come da tradizione, questo condensato di lava e ossidiana, di rumore e feedback, è disponibile grazie a Fango Radio Editions e al contributo tecnico di Gianmaria Aprile (rec & mix) in formato digitale su Bandcamp e in cassetta a tiratura limitata di 30 esemplari con i preziosi interventi grafici di Chiara Caredda. Musica figlia dei suoi tempi.

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