ANT – SVM

Claudio LoiMusica, Recensioni

Sanna, Vacca e Medde sono tornati. Sono passati ben sei anni dal loro passaggio a Umbria Jazz 2014 giusto prima di licenziare il loro primo disco, un esordio che non passò inosservato e che permise ai tre musicisti di raccogliere parecchie soddisfazioni: tanti concerti, collaborazioni importanti come quella con Hans Peter Salentin, e le infinite derive collaterali dei singoli componenti.

Una proposta musicale insolita e uno stile che negli anni è diventato adulto, ha perso l’innocenza degli esordi ma ha acquistato consapevolezza, spessore, autocontrollo. Una mostruosa ibridazione di jazz, rock, prog, suoni della Marmilla e della Barbagia, sferragliare di treni abbandonati e la Madre Luna che sorveglia e protegge. Ma anche le suggestioni delle colonne sonore, dei filmacci di serie Z, della collezione Urania ben conservata nelle cantine di casa. Ant, il loro nuovo progetto, parte da rimembranze sci-fi d’epoca innestate nella cupa distopia contemporanea e prende come punto di partenza il 1974 quando Frank Drake e Carl Sagan tentarono di entrare in contatto con lo spazio infinito. ci riprova e veicola messaggi verso mondi sconosciuti abitati da entità solo immaginarie, cerca contatti con altre sembianze, comunica la propria esistenza, ha bisogno di conoscere. Una filosofia che sembra l’esatto contrario di questi nostri tempi le cui parole d’ordine sono respingimento, difesa dei confini, chiusura dei porti. Loro vanno oltre e il messaggio lanciato verso il nulla è un messaggio che si rivolge a ognuno di noi.

Le sei composizioni del disco sono ben organizzate, formano un corpus omogeneo, una sorta di concept album come si faceva una volta.

Arecibo Message promette bene con un intro di tastiere appena accennate e il trio che lentamente si ricompatta per un trip che scivola via alla perfezione. Echi di Canterbury, di rock evoluto e György Ligeti che sorride compiaciuto. Un radiotelescopio che spara nello spazio un messaggio carico di umanità.

Deep Space mantiene le promesse del titolo: le tastiere che sorvolano lo spazio aereo circostante creano scie lisergiche che scavano nel nostro inconscio. Un viaggio sotto anestesia che rigenera, rifonda i nostri principi di base con una sensazione di leggera svagatezza. Space jazz che sarebbe tanto piaciuto alla buonanima di Moondog.

Gigaparsec è astronomia teorica per menti aperte e il basso che arpeggia disinvolto ci aiuta a colmare le distanze che ci separano come uomini, come mondi, è la misura di quanto siamo infinitamente piccoli e dispersi nel nostro labile destino.

Black Hole nasconde verità che pochi conoscono. Un non luogo dove tutto si perde e si confonde, vortice che risucchia e nel quale sprofondi come nei peggiori incubi. Dura poco ma è lunghissimo.

N6C 6205 è funky postmoderno geneticamente modificato, il basso ostinato crea la giusta tensione che le tastiere cercano di assecondare. Un dialogo apocalittico che funziona parecchio bene, jazz, rock e memorabilie di varia origine coesistono alla perfezione. Un suono che spiazza, una trama sonora apparentemente caotica e un drumming che riesce a tenere tutto sotto controllo. Prog che riprende forma, mutato ma sempre in tiro. D’altronde siamo tutti figli delle stelle.

chiude il disco come un mantra sonoro sintetico e propone suoni mai sentiti, di dubbia origine, senza datazione certa. Terrore dallo spazio profondo, fantascienza retrofuturista, una colonna sonora immaginaria che mette ansia paura e terrore. Ma poi tutto si risolve e riusciamo a tornare sulla terra. Ma non siamo più quelli di prima.

“ANT” è un viaggio verso un immenso pianeta che ad “occhi estranei” può sembrare un microcosmo, la presa di coscienza dei limiti della nostra specie, dei segreti mai svelati, dei complotti mondiali, delle strategie politiche e massoniche che atrofizzano la nostra mente. Una formica come simbolo di impotenza davanti all’immensità del cosmo e le ali, per questo viaggio ignoto verso l’infinito (SVM)

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