Andrea Ruggeri – Mustras

Simone La CroceMusica, Recensioni

Che Italo Calvino sia stato uno degli intellettuali più influenti e prolifici del novecento non lo si scopre ora. Che la sua produzione letteraria abbia lasciato un solco così profondo nella cultura contemporanea, pure. Il fatto che una delle sue opere possa ispirare non solo uno, ma ben due dischi del medesimo musicista invece lascia francamente stupiti e interessati. Se poi questi lavori non siano soltanto il risultato di un interesse dottrinale o speculativo, ma che, al contrario, abbiano tanto altro da dire, beh, allora forse è il caso di interessarsene.

ha esordito lo scorso anno con Musiche invisibili, un progetto atipico interamente incentrato su Le Città invisibili, realizzato con un ensemble di 13 elementi: un disco complesso ma fluido, sul viaggio, l’esplorazione e la scoperta. Il batterista sangavinese è tornato lo scorso mese con un nuovo lavoro, totalmente mutato nella forma, ma sempre dedicato ai racconti di Calvino. Il titolo scelto per il disco, Mustras, rievoca le decorazioni tipiche dell’artigianato tessile sardo che, proprio come i brani dell’album, ripropongono sprazzi di vita quotidiana rivisti e sintetizzati. Due sono le cose che in questa rielaborazione emergono su tutte fin dal primo ascolto. 

La prima è l’interpretazione della vocalist Elsa Martin, senza voler togliere niente agli altri elementi, forse la protagonista principale del lavoro. La sua voce irrompe sin dal brano di apertura Early Refrain e guida i restanti tracciando precisi percorsi melodici arricchiti dalla varietà linguistica – Martin canta magistralmente in tre lingue diverse, italiano, friulano e inglese – e da un’espressività non comune e non lontana dalle strade battute da Daniela Pes, Adele Altro o Ginevra Di Marco, per tornare indietro nel tempo. Spiegano meglio il concetto Cloe, Irene o Ottavia.

Ma Mustras svela nell’ascolto anche un’altra grande sorpresa: l’importante opera di sintesi portata avanti da Ruggeri, tanto in fase compositiva quanto in quella di registrazione. La piccola orchestra messa insieme per il disco di esordio, ora è diventata uno small ensemble costituito da soli quattro elementi: oltre allo stesso Ruggeri alle percussioni e all’elettronica e alla cantante carnica, chiudono la formazione il violinista Simone Soro e il chitarrista Elia Casu. L’approccio organico, intergenere e volutamente articolato del disco d’esordio, in Mustras si tramuta in una resa dei contenuti spoglia e spigolosa, nella quale le parti più sperimentali diventano gli elementi di sorpresa di un pellegrinaggio quieto e colorito, ma non per questo meno ricco di spunti. Nonostante l’aulicità dei background in campo, Mustras suona a suo modo rock nell’approccio all’astrazione delle parti, nel concedere spazio alle esuberanze dei singoli e lasciar andare le intemperanze sonore, alle quali jazz e rumorismo fanno da quinta, supportando gli slanci senza occupare pretestuosamente la scena. Un plauso quindi a un’evoluzione che sceglie di arricchire eliminando l’inessenziale, lasciando a questa ricchezza il dono prezioso dell’invisibilità.

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