Due chiacchiere con il carismatico cantautore cagliaritano
Scritto da Daniele Mei
Un fulmine.
Anche se di grigie nuvole nemmeno l’ombra. Ottobre, quasi novembre, e un caldo che apparentemente non ci allarma. Una siccità che desertifica. Ma i boschi sono lontani, chiusi nel mondo fuori dal quotidiano.
Quindi un problema, per i più, relativo. D’altronde a che serve preoccuparci? Ormai il ciclo del clima nel mondo è questo.
Musica in generale, partendo dall’hardcore punk. Di questo abbiamo parlato col cantautore Andrea Andrillo, nome d’arte o di necessità, concentrandoci su questa Sardegna che tutti vogliamo immaginare come la leggendaria Atlantide, prima di questa benedetta pioggia.
Sì, hardcore punk, perché per scrivere queste canzoni totali, che hanno del pop, del cantautorato folk e del rock tanti elementi affini, si parte da ascolti di estrazione lontana anni luce: hardcore punk, thrash metal, stoner rock, ma anche elettronica, techno, classica e soprattutto Robert Zimmermann (sua maestà Bob Dylan).

I CCCP: “Produci, consuma, crepa”.
Parte da musiche che arrivano dal cuore dell’Africa e dell’Asia, dal Cile e dalla Sardegna e nemmeno un confine di genere può fermare la curiosità di Andrea e la sua onnivoracità musicale. Dopotutto i confini e i generi che dovrebbero facilitare l’identificazione di un ascolto diventano spesso dei recinti dove chi è dentro non guarda oltre la staccionata.
Parla quindi delle schitarrate degli My Own Prison, un gran bel gruppo hardcore punk cagliaritano.
Ed è con un video dadaista che iniziamo le danze senza seguire un vero e proprio filo conduttore temporale (ma in fondo cosa è il tempo se non un arido scandire in attesa della pioggia?).
Ci facciamo portare in un territorio molto strano, fantastico: “Les Petites Voitures de Gaguik”.
Ticchettii inarrestabili, elettronica minimale, miagolii, borbottii, macchine che si incastrano, occhi che strabuzzano, palle che girano e tante macchine grigie inquinanti che passano indifferenti sopra tutto.
Il video, creato in occasione della mostra “Tracce” del pittore armeno Gaguik Martyriosan è il passaggio che rimette in gioco l’Andrea che diventa solista dopo l’avventura purtroppo terminata dei Man on the Margin.
E arriva, il periodo attuale, quello solista, con il primo EP, in attesa dei nuovi lavori, quasi pronti ad essere sfornati come un caldo civraxiu (buonissimo pane tipico sardo) artigianale.
“Atlantide prima della pioggia” è attualità, è Andrea Andrillo che esiste ora, anche se l’evoluzione è costante.
Prima della pioggia, Atlantide è stato evidentemente un territorio salato. Uno sconfinato mondo da scrutare dall’alto di una torre costiera a picco su quel mare che non si può attraversare. Ottobre. Ancora nemmeno un goccio di pioggia, Andrea ed io seduti a discorrere di tante cose, da soli, circondati da tante persone brulicanti, cui è stato detto che se non comprano e non vendono non sono nulla.
Atlantide ci è stata rubata, come ai cani quando è scippata la libertà, costretti in una gabbia a sbranarsi tra di loro per un osso, senza carne.
La bellezza delle composizioni si scorge immediatamente, l’abilità strumentale è notevole, si passa dall’italiano al sardo che quasi sembra inglese. Ma questa bellezza diventa ancora più forte con gli ascolti ripetuti, perché oltre alle leggere stratificazioni sonore ci sono i diversi gradi di lettura dei testi, che, sì, sono fatti di alcuni slogan di facile presa, ma hanno un significato che arriva dopo un po’ di tempo. Bowie? C’è anche lui che scruta da quella torre. E dalla torre Andrea scruta per accogliere i rifugiati dai popoli martoriati dalle armi da noi stessi create.
Non osserva l’orizzonte in attesa di nemici.
Passare dall’elettricità dei Man on The Margin all’acustico del nuovo progetto cantautorale porta con se un’attitudine rock che piace. Si parla di vita vissuta, di figli e di padri, di terra e di mare, di emarginati e di appartenenza a un glorioso popolo. Attinge alla propria musa e ai poeti che hanno un messaggio affine.
L’arte di Andrea è oltreché musicale anche visiva, e ogni suo pezzo ha il suo video, girato da registi che hanno esperienze e qualità invidiabili. Il suo eclettismo lo porta a collaborare con registi, poeti, narratori, attori, teatri ma anche a essere appetibile per ambiti più popolari. Ed è difficile scrutare lo squalo (che sono i cattivi pensieri) tra le allegre fossette di questo faccione che ha tanto da dire. Quello che si scorge è una sensibilità innata, un’azione ai problemi invece di una pre-occupazione, ed è quello che ci vuole per affrontare il mondo in termini positivi.
Da ascoltare.
Fa bene alla salute tua e di chi ti circonda.