Copertina di sonazzos / solos di Alessandro Milia

Alessandro Milia – sonazzos / solos

Claudio LoiMusica, Recensioni

Un incontro casuale in una fredda notte di primavera per le strade di Cagliari, un veloce scambio di battute su percorsi musicali, amicizie comuni è stata l’occasione per fare la conoscenza di un musicista per me nuovo e approfondire la sua storia artistica. Lui si chiama Alessandro Milia e ha appena pubblicato per il suo primo album che porta un titolo piuttosto affascinante: sonazzos / solos. Già il fatto di essere finito nella scuderia Stradivarius è un buon lasciapassare, una certificazione di qualità e prestigio e prendo in prestito il loro biglietto da visita per capire da che parte stiamo: “Stradivarius è la casa discografica, è l’editore, è il negozio di Milano, nato in Via Stradivari. Fondato nel 1988, Stradivarius è diventato famoso nel mercato musicale internazionale come etichetta specializzata in registrazioni di musica rinascimentale, barocca e repertorio contemporaneo. Con la serie Times Future, Stradivarius è diventata una delle etichette leader nel repertorio contemporaneo, opere editoriali di Donatoni, Sciarrino, Maderna, Petrassi, Molino, Faithful, Kogoj, De Pablo e altri”.

E gli altri sono appunto artisti come ovvero impenitenti ricercatori di suoni, di nuove esperienze sonore, di viaggi ai confini della materia musicale, di nuove e vecchie consonanze. Il suo percorso di conoscenza e studio è piuttosto interessante grazie alla frequentazione di maestri come Franco Oppo, Salvatore Sciarrino e una lunga serie di collaborazioni, viaggi, esperienze in giro per il mondo: la solita trafila di chi sceglie di battere le impervie strade della ricerca musicale contemporanea.

Sonazzos appare quindi come la conclusione di un viaggio preparatorio e l’inizio della fase realizzativa, della messa in scena di quanto accumulato in tanti anni di studio e ricerche. Raccoglie al suo interno influenze e ispirazioni che si perdono negli anni e finalmente trovano la giusta definizione, un luogo in cui sedimentare i tanti livelli di conoscenza acquisita. Sei lunghe tracce dedicate ognuna ad uno strumento, alle sue possibilità e a riflettere su come si possano superare le logiche della composizione e del fare musica. Milia in questa sede si occupa della scrittura, di organizzare il traffico, controllare e dirigere lasciando ad altri esecutori il compito di dare corpo e forma alle sue intuizioni sempre con un buon margine di interpretazione.

Apre l’album Sonazzos, una composizione per percussioni eseguita da Federico Tramontana che si avvale dei campanacci creati dalla famiglia Floris di Tonara e rimanda a quei suoni che si incontrano attraversando certi scenari rurali dell’isola, quegli spazi in cui gli animali vagano in perfetta libertà e i suoni prodotti dalle campane sembrano lontane manifestazioni extrasensoriali. Una situazione abbastanza straniante e persino perturbante in quanto quei suoni che potrebbero essere letti come libertà di azione rappresentano invece il sound di una proprietà privata, un segno di controllo dell’uomo sulla natura, primordiale braccialetto elettronico che lega, segna, rinchiude. In questa straziante contraddizione può essere letta la cifra di questa composizione che si dipana tra false illusioni e umane contraddizioni. Come accade quando questi suoni ci arrivano dai riti del carnevale con tutto quel bagaglio di sacro e profano di cui sono intrisi e una buona dose di follia e paura ancestrale.

Sonata è invece un brano pensato per pianoforte solo lasciato nelle mani di Anna D’Errico e rappresenta un lavoro dalla forte connotazione speculativa, di ricerca esasperata sulle possibilità dello strumento e sul superamento di stili, convenzioni, tradizioni. In questa sonata emergono lontane epifanie estetiche, si coglie la voglia di ripensare le modalità della scrittura classica, con un suono che spiazza e disturba, ostinato e frammentario, stratificato e fuori fuoco.

Orizzonti Ossessivi è una composizione per chitarra classica (preparata) il cui titolo allude a Orizzonti di Gloria di Stanley Kubrik ed è suonata da Ruben Mattia Santorsa. In questo caso la ricerca di Milia si concentra soprattutto sulle modalità di esecuzione e sulle possibili mutazioni dello strumento attraverso inserimenti di oggetti e modifiche strutturali, un’azione di deturpamento dello scenario naturale verso nuove forme di rappresentazione del suono. Una pratica questa che rimanda alle modifiche genetiche operate da Paolo Angeli sulle sue chitarre o da Daniele Ledda col progetto Clavius e si configurano come un nuovo modo di approcciarsi alla musica con un’azione diretta, di ascendenza situazionista che va affrontata proprio con questo spirito iconoclasta e come naturale predisposizione al cambiamento e al nuovo.

L’album continua con Un ORA lungo un respiro, una composizione per clarinetto basso eseguita da Benjamin Maneyrol ed è una sorta di studio fisico-biologico sul rapporto tra il musicista e la sua fisicità. Si ragiona quindi sul respiro, sul tempo, sulle pause e sui vuoti. Si entra in quella dimensione sospesa che si avverte quando si è in apnea o quando si affrontano certe pratiche di yoga o sedute di meditazione. Questo brano mi ha riportato alla grande stagione di quella che un tempo si chiamava Creative Music e che ha rappresentato una cesura forte nei confronti dell’esecuzione musicale, quel mondo fatto di esploratori solitari, di lunghe sedute di improvvisazione radicale, di ricerca senza sconti e compromessi che partendo da Braxton può arrivare persino a certe sonate per launeddas, quando il musicista si perde in flussi di libera improvvisazione attraverso le tecniche del respiro circolare.

Il disco si chiude con due tracce pensate per contrabbasso solo e suonate da Emiliano Amadori: Ikoro Uno e Ikoro Due con palese riferimento a uno strumento di origine nigeriana ricavato da enormi tronchi d’albero e che ricorda per certi versi il contrabbasso con la sua voce profonda e pesante. Anche in questo caso non mancano i riferimenti alla cultura isolana, un mondo popolato da esseri enormi (giganti…), monumenti di pietra fuori misura che sembrano fatti per creare stupore e forse anche paura. Ma il riferimento è anche rivolto ai secolari alberi dei boschi, alle enormi distanze e ai silenzi di una terra che non smette di affascinare.

Sonazzos contiene al suo interno tante anime, tante influenze, ma soprattutto riprende la grande lezione di Franco Oppo e si posiziona in un terra di mezzo in cui ritroviamo la cultura classica, la razionalità accademica, la ricerca sperimentale contemporanea e la fascinazione delle musiche di tradizione orale di cui il Mediterraneo è stracolmo. Non è poco.