EGO è il titolo che AL III, al secolo Aldo Turnu, ha deciso di dare al suo esordio discografico: un preciso manifesto di intenti, un viaggio all’interno delle proprie storie, resoconto di emozioni intime, diario di bordo che è solo l’inizio di un lungo percorso di conoscenza e presa di coscienza. Il disco si apre con il suono degli uccelli e se si alza lo sguardo verso il cielo si possono immaginare stormi di fenicotteri rosa, nuvole animate da creature metafisiche, qualcuna più scura, forse cremisi, forse purple. Anche questa è una chiara dichiarazione di appartenenza al lato oscuro della luna, un omaggio a certe sonorità e a una filosofia che arriva da lontano, che ancora rilascia emozioni e sottolinea un approccio alla materia sonora che sa di profondità, introspezione, ricerca. Vibrazioni che arrivano da altri mondi, tempi e luoghi che AL III non ha vissuto direttamente e proprio per questo diventano mitologia e di riflesso materia prima da modificare, riciclare, rimodulare.
Ma in questo disco non c’è solo un omaggio a certe posture di derivazione seventies, a quel rock che tanto affascina ma che spesso diventa luogo comune abusato e retorico. C’è tanto altro. Si avverte la volontà di rendere omaggio a una gloriosa stagione di rivoluzioni e sovvertimenti, e si percepisce anche la necessità di raccontare e raccontarsi, di mettersi a nudo e aprirsi al mondo. Tutto questo grazie alla potenza della creazione artistica e grazie all’aiuto di amici fidati e consapevoli. EGO, nonostante il nome, è lavoro di insieme, condiviso e aperto, pensato e suonato con gente di provata esperienza come Alessandro G. Tuveri, Stefano Casti, Tomo Rozman, Nicola Vacca, Matteo Muntoni, Daniele Porta, Jonathan Della Marianna, Elio Pagano oltre a tutti i fantasmi vicini e lontani che aleggiano tra le nebbie di queste composizioni. Non deve stupire quindi se all’interno di EGO emergono molteplici esperienze e diverse lingue anzi sta proprio qui la forza che caratterizza questo lavoro: un’opera multistrato, con svariati livelli di percezione, un coacervo di emozioni che AL III riesce a dominare e rendere omogeneo, organismo complesso ma ben organizzato.
Persino il ricorso a strumenti antichi e insoliti come violoncello, launeddas, trunfa, un flauto di legno di grandi dimensioni (native flute) sono da pensare come volontà di rileggere i codici della composizione verso un superamento dialettico di quelle gabbie che chiamiamo ‘generi’. Qui appare tutto più fluido e compatibile, ogni voce ha la sua dignità, si supera quella linea d’ombra che spesso ci blocca e respinge e l’elettricità delle chitarre è perfettamente compatibile con il caldo suono dell’organo o degli antichi strumenti di quest’isola. Possiamo forse parlare di folk immaginario (come ci hanno insegnato i Dead Can Dance tanti anni fa) o riferirci a quella sorta di post-prog che ci arriva da esperienze trasversali come quella dei Porcupine Tree. Ma poco importa e credo che AL III non si sia mai messo il problema di trovare una nicchia in cui posizionare la propria arte.
Aldo Turnu con EGO ci trasborda in un mondo immaginario popolato da suoni antichi e lontani, dal frastuono atroce di radicali esperienze elettriche, un posto nel quale riflettere e pensare, mettere a fuoco idee e progetti di vita. Appare come un accorato rimando a una nuova dimensione umanista, a un ritrovato e consapevole connubio con la natura, con i colori e i suoni, con tutti gli esseri che abitano questa dimensione. EGO è la presa di coscienza che “il vero nemico è dentro di noi”, che solo cambiando noi stessi possiamo cambiare il mondo che ci circonda e ci attraversa, superare il lato oscuro della luna, oltrepassare le nuvole che incombono.